Qual è secondo voi la migliore qualità per un attore o un’attrice? Per il trasformismo. Che noia quando un attore capisce che un ruolo è adatto per lui e per dieci film cambia poco, il romantico divertente, la tormentata con un passato da nascondere, insomma un attore deve sapersi trasformare da crudele serial killer ad intellettuale timido e introverso.
Non troviamo esempio migliore che in Cate Blanchett, che non ha bisogno di presentazioni e nemmeno di conferme visto che è ormai una delle attrici più richieste dai grandi registi come Woody Allen a Ridley Scott, solo per citarne due su tutti.
In questo periodo è uscito un film strano che ha fatto molto parlare di sé per la sua particolarità, si intitola “Manifesto” e il regista è Julian Rosefeldt. Cate interpreta 12 figure di intellettuali diversi che declamano i loro rivoluzionari manifesti culturali. Un omaggio alla tradizione dei manifesti politici, artistici e letterari della storia – Karl Marx, Lucio Fontana, André Breton, Jim Jarmusch e altri leader culturali – che si interroga sul ruolo degli artisti al giorno d’oggi con monologhi in contesti, attitudini e personalità differenti. Si resta a bocca aperta mentre si guarda la Blanchett indossare i panni di un senzatetto, di un’operaia, si una fredda gallerista, si trasforma nei personaggi che interpreta ma lasciando sempre il segno di sé stessa, non dimenticandola mai in mezzo ai suoi molteplici cambi di look.
Lo scopo dell’opera è quello di provocare e ironizzare su quello che è oggi il mondo contemporaneo, un «contenitore» di idee che sembrano originali e ispiranti ma che in realtà sono, per così dire, ricicli di pensieri passati. Cate Blanchett si era già sdoppiata in passato, parlando di performance attoriali. In “Coffee and Cigarettes” di Jim Jarmush nel 2003 nell’episodio chiamato “Cugine” in cui interpretava entrambe le protagoniste, Shelly e Cate. Poi nel bellissimo “Io non sono qui” di Todd Haynes, film che raccontava la storia di Bob Dylan interpretato da diversi attori di conseguenza ai periodi della propria esistenza, Cate era l’unico Dylan classicamente iconico, con capello arruffato, occhiale scuro e sigaretta onnipresente. Incredibile quanto Cate riesca ad assomigliare ad i personaggi che interpreta, ci se ne accorge solo quando la si vede durante un film, un effetto veramente entusiasmante.
Da recuperare sia il film di Haynes sia “Manifesto”se ve li siete persi, anche solo per capire come si recita davvero.