Andy Warhol, factory immortale

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I racconti di chi ha vissuto la meravigliosa New York fra la metà degli Anni Sessanta e la fine dei Settanta non stancano mai. Si respirava cambiamento e voglia di trasgressione, le manifestazioni pacifiste contro la Guerra del Vietnam sono all’ordine del giorno e Malcom X diventa un’icona. La Grande Mela è la meta di giovani artisti promettenti in cerca di opportunità e della possibilità di esprimere sé stessi e la loro arte.

Il “Gruppo” di Andy Warhol, chiamato “Factory” richiama tanti artisti fra cui Lou Reed, Brian Jones e Mick Jagger. Al sesto piano del Decker Building, al 33 Union Square West, Warhol apre il suo studio dove creerà le sue opere, quadri e film, e dove ospiterà feste rimaste negli annali e da cui partiranno leggende vere e non di droga, Sesso&Rock n’Roll.

Chi è sopravvissuto a quegli anni ama portare in giro le storie vissute in prima persona. In occasione della sfilata di Max Mara a Milano ne ha parlato Johnny Dynell, dj storico nella pazza NY di quegli anni, che ha iniziato la sua carriera al Mudd Club di Tribeca, successore dello Studio 54 e frequentato da artisti del calibreo di Jean-Michel Basquiat e Kaith Haring. Di Haring racconta di esserne stato “il palo” mentre l’artista faceva i suoi graffiti in metropolitana e del suo incontro con Warhol ne parla così <<Quando mi vide, Andy prese un pennarello e mi fece un disegno sul petto. Fu una strana sensazione, per me era una specie di eroe >>. Come dj ha lavorato nello stesso locale insieme ad una giovanissima Madonna guardarobiera ancora in cerca dell’occasione di sfondare, ma su cui lui avrebbe puntato, infatti non si stupì di vederla sulla copertina di “Life” anni dopo, era il suo destino.

Nel 1966 la rivista East Side Review dà l’incarico a un giovane fotografo ventenne, Larry Fink, di imbastire un impegnativo servizio fotografico su Andy Warhol e al gruppo che gli gira intorno. Con loro Fink trascorrerà quattro giorni in giro per la città e dentro alla Factory, lascerà alla storia foto indimenticabili del clima che si respirava e dei componenti della “gang” di Warhol, riuscendo a immortalare anche Edie Sedgwick, icona chic uccisa da barbiturici e anfetamine nel 1971 a soli 28 anni, e Ingrid Superstar, attrice della Factory uscita per comprare delle sigarette e scomparsa misteriosamente nel 1986. Fink è vissuto nel mito della Beat Generation e, in particolare, di Jack Kerouac, sostenitore delle battaglie per i diritti civili, contro le discriminazioni e i comportamenti definiti “borghesi”. In contrasto però, non disdegnava di partecipare ai party esclusivi della New York bene, fotografandola per tanti anni grazie alla collaborazione decennale per Vanity Fair << In quelle occasioni mi mettevo lo smoking ma mi piaceva mangiare con le mani, al tavolo con gli inservienti >>

Il 16 febbraio è stata inaugurata la mostra “Fink on Warhol: New York Photographs of the 1960s” presso lo Spazio Damiani di Bologna (www.spaziodamiani.it) fino al 30 aprile in cui sono esposte 15 fotografie di quei giorni con la Factory, mentre è stato pubblicato il volume omonimo (Damiani Editore) dell’esposizione con all’interno tutti gli scatti inediti del servizio fotografico.

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