Il giro del mondo
Questo mese abbiamo deciso di intervistare Claudio Pelizzeni che, con il suo progetto di viaggio “Trip Therapy”, ha fatto il giro del mondo senza aerei. Nel 2014 decide che la vita che sta vivendo gli sta stretta, ha un buon posto di lavoro in una banca nella city milanese ma sente di sprecare il suo prezioso tempo, si sente rinchiuso in una gabbia con tutte le decisioni già prese. Il suo sogno è sempre stato quello di viaggiare e tutti gli anni aspettava con ansia le classiche tre settimane di ferie estive per poter partire e staccare da tutto ma non gli basta più, vuole partire zaino in spalla per 1000 giorni da solo e provare sulla sua pelle tutto quello che il viaggio può offrire, brutto o bello che sia.
Si licenzia, ha un po’ di soldi da parte e per aumentarli vende la macchina, il budget che si è auto imposto è di circa 15 dollari al giorno e aprirà un blog in cui caricherà i video e terrà aggiornati i suoi spostamenti. Ha una sfida in più da affrontare, soffre di diabete da quando era bambino, ma questo non sarà un ostacolo, sarà solo un compagno di viaggio un po’ scomodo e non invitato. Parte a inizio maggio del 2014 con un bus che lo scaricherà in Polonia, poi via sopra la mitologica Transiberiana fino in Russia e da lì il passaggio in Asia, poi il resto del mondo fino all’ultimo continente sulla via del ritorno, l’Africa, e dopo quasi tre anni lontano da casa ecco di nuovo il treno regionale veloce che lo farà scendere nella sua Piacenza, che ricorda molto bene anche se è passato del tempo. Lo incontriamo faccia a faccia per fargli qualche domanda e per farci raccontare qualcosa del suo nuovo impegno, il libro “L’orizzonte ogni giorno un po’ più in là”. Auto prodotto, ha già venduto più di 3000 copie in nemmeno due mesi, noi l’abbiamo letto e ci è piaciuto molto e siamo contenti di presentarvi il suo autore, partiamo con l’intervista.
#Hai sempre amato viaggiare o è una passione che hai maturato negli ultimi anni?
Il viaggio è sempre stata la mia valvola di sfogo, sono sempre stato felice quando viaggiavo, mi sentivo un’altra persona, miglioravo me stesso, non mi arrabbiavo e non me la prendevo con gli altri. Partendo ho scelto di seguire il mio sogno nel cassetto, sono sempre stato attratto dalle altre culture, da ciò che è diverso da me, da bambino ero appassionato delle storie di Emilio Salgari, che mi ispirava per scrivere di mondi lontani che mi incuriosivano ma che non avevo mai visitato
#Perché hai scelto un lavoro come quello del bancario?
A 18 anni non sapevo cosa fare della mia vita, ho fatto il test per entrare alla Bocconi e mi hanno preso. A 23 anni mi sono preso una pausa di dieci mesi e sono andato in Australia dove mi sono innamorato del viaggio “backpakers”, zaino in spalla, mi si è aperto un mondo.
#C’è voluta molta forza di volontà per partire?
Sì, è necessaria insieme alla determinazione
#Il tuo blog si chiama “Trip Therapy”, quindi si parla di terapia sia fisica che psicologica, tu hai il diabete, è stato un motivo per partire e non rimanere a casa?
No, il diabete è parte di me da sempre, sono andato dal mio medico diabetologo per la solita visita trimestrale e l’ho messo al corrente della mia scelta e gli ho chiesto di trovare una soluzione.
Lui mi ha tranquillizzato, potevo essere una testimonianza del fatto che si possa fare, anche perché l’esercizio fisico di per sé è già un aiuto, meglio che stare seduto dietro una scrivania tutto il giorno. In generale, l’esperienza del viaggio è un balsamo, non può essere la cura di problemi già esistenti, ma può essere d’aiuto a crescere, a maturare, ad aumentare la propria sicurezza
#C’è voluta molta organizzazione?
Non troppa, un po’ di più per l’Asia, e poi a causa di un problema di mezzi di trasporto ho dovuto modificare il mio itinerario, ma il bello dei viaggi sono anche i cambi di programma, no?!
#Hai scelto di partire da solo per metterti alla prova?
No, la solitudine è una scelta e un privilegio poter decidere di stare da solo o con gli altri. Il viaggio non è per tutti, io credo molto nelle domande, la mia consisteva nell’essere o meno felice, secondo me ognuno dovrebbe trovare la propria domanda e cercare di rispondersi al meglio. Senza dimenticarsi che non si vive su un’isola deserta e che le altre persone hanno un’importanza fondamentale
#C’è stato un posto in cui ti saresti fermato più a lungo?
Penso la Patagonia, ma stava arrivando la stagione fredda e non ero attrezzato, mi sono regolato di conseguenza alle stagioni
#E’ stato difficile dire addio alle persone che mano a mano conoscevi?
Sì, forse è stata la parte più difficile, ogni volta mi piangeva il cuore quando le nostre strade si separavano
#Qual è la cosa che ti è pesata di più?
La lontananza da casa, dalla mia famiglia, 1000 giorni sono veramente tanti
#Hai fatto più esperienze di volontariato, cosa ti è rimasto?
Mi ha lasciato tantissimo, soprattutto con i bambini in Nepal, mi sono rimasti nel cuore e in autunno voglio tornare là per aiutare ancora
#I ragazzi vengono a conoscerti alle tue presentazioni?
Sì, sono la maggior parte!
#Consiglieresti ai ragazzi una lunga esperienza all’estero?
Certamente, apre la mente, ti fa conoscere altre culture e ti impone di imparare nuove lingue perché l’italiano viene parlato poco, insomma ti dà una marcia in più
#C’è un libro che ti ha influenzato?
Grazie al Kindle ho letto molto durante le lunghe traversate, ho smesso quando mi sono accorto che la lettura influenzava la mia scrittura del libro, ma le mie guide sono state “Un indovino mi disse” di Tiziano Terzani e “Shantaram” di Gregory Davis Roberts
#Hai avuto una colonna sonora?
Certo, per esempio la colonna sonora del film “Into the wild”, amo Ben Harper, Manu Chao, Jovanotti ai tempi dell’album “L’ombelico del mondo”. La musica ha seguito i miei spostamenti, in Asia mi è mancata perché, oltre ad essere incomprensibile, è più adatta alle cerimonie, il country e l’hip-hop mi hanno seguito nel Nordamerica e in Sudamerica che dire, là si vive di musica
#Scrivi che vuoi allontanarti da un tipo di società consumista per avvicinarti alla natura o discostarti dal superfluo?
Sono diventato molto meno consumista e amo follemente la natura, i meravigliosi paesaggi che ho visto, non poter mettere i piedi nudi sulla terra ma sul cemento mi pesa molto
#Quanto è importante la passione?
E’ tutto e fa la differenza, se si fanno le cose senza passione è meglio lasciar perdere, ma se la si ha prima o poi si raggiunge il proprio scopo
#E del tuo libro cosa puoi anticipare?
Non è un diario né un reportage, è l’insieme degli episodi accaduti per me più significativi, che mi hanno portato oggi a voler raccontare questa storia attraverso messaggi positivi in mezzo ad un universo di messaggi negativi. E’ un libro puro e genuino, scritto per intero durante il viaggio e auto prodotto. Penso che possa essere un buon esempio di “volere è potere”.
#I suoi prossimi progetti? Un grande editore interessato a pubblicare il libro e un tour su e giù per l’Italia per presentarlo al meglio. In cantiere c’è anche l’uscita di un documentario curato da un collettivo di video maker giovani di Cagliari, i Lifestills Collective, che sono andati a trovarlo in Brasile e in Marocco e l’hanno accompagnato al ritorno verso l’Italia. In tutti i casi non ha chiuso lo zaino nell’armadio, ha in mente altre mete, prima fra tutti la settimana a giugno in Islanda e poi chissà, non mettiamogli limiti.
Il libro lo potete trovare presso la libreria Feltrinelli di Piacenza e direttamente su Amazon. Se volete saperne un po’ di più su Claudio e sulla sua esperienza andate sul suo blog www.triptherapy.it, dove potete guardarvi tutti i video fatti da lui ovunque intorno al mondo e sulla sua pagina facebook per tutti gli aggiornamenti.