Venezia e tesori
Dopo lo squalo nella formaldeide e il teschio di diamanti, torna uno degli artisti contemporanei viventi più quotato, Damien Hirst. Per la prima volta entrambi gli spazi espositivi della Fondazione Pinault a Venezia saranno dedicati in contemporanea allo stesso artista per dare risalto alla sua nuova mostra che già fa parlare per la sua particolarità, “Treasures from the wreck of the unbelievable – Tesori dal relitto dell’incredibile”.
In esposizione sono 189 relitti e sculture di ogni dimensione e soggetto recuperati dal vascello Apistos, colato a picco nell’oceano al largo delle coste africane quasi duemila anni fa e pieno dei tesori del famoso collezionista Cif Amotan II. La storia del ritrovamento e del suo recupero è narrata all’ingresso della rassegna, documentate da registrazioni video. Fin qui tutto bene, ci si chiede dove ci sia la mano di Hirst in tutto questo ed ecco la verità, tutti gli oggetti recuperati sono realizzazioni e invenzioni dell’artista, particolare che non può non far sorridere: oltre divinità egizie e sculture classiche, ci sono anche le statue di Pippo, dei Transformers, l’orso Balù. Tutte le creazioni sono realizzate in tre edizioni, incrostate, restaurate e in versione moderna.
Il contenuto della mostra fino all’inaugurazione stato nascosto il più possibile per aumentarne l’effetto sorpresa e l’unica giornalista ad aver anticipato qualcosa era stata Catherine Mayer in un articolo di fine marzo sul Financial Times, in cui raccontava di aver partecipato con un gruppo di sub a un’operazione di recupero di alcuni oggetti, naufragati insieme a un relitto misterioso. Un vero coup de théatre di storie nate da altre storie per un artista molto chiacchierato, apprezzatissimo o molto disprezzato, non c’è una via di mezzo.
Hirst è sempre stato molto bravo a far parlare di sé grazie al suo modo di creare controverso, scioccante e ribelle a qualsiasi regola, come “A Thousand Years”, che rappresenta il ciclo della morte con una testa di vitello divorata dalle larve che si trasformano in mosche fulminate dalla corrente elettrica.
C’è ancora tempo per andare a visitare la mostra (fino al 3/12), ma se riuscite, non fatevela scappare. Per tutte le informazioni www.palazzograssi.it