Tutti felici?
Il 20 marzo ultimo giorno d’inverno, è stato decretato dall’Onu “Giornata Mondiale della Felicità” perché << Essere felici è un obiettivo che ogni Paese deve perseguire, in campo sociale ed economico >>. C’era da aspettarselo, i paesi del nord-europa sono stabili nella parte alta della classifica, la Norvegia prima con la Svizzera al secondo posto e l’Islanda al terzo. Negli ultimi anni sono usciti numerosi libri che parlano del buon vivere danese/svedese, dal loro “hygge” al welfare che fa vivere una vita dignitosa a tutti i cittadini, dalla pulizia all’amore per le cose semplici. L’Italia è al 48° posto, il risultato non è dei migliori.
Ma come si fa a capire quali sono i parametri che l’Onu utilizza per capire se la popolazione di uno stato è felice? Non tutto gira intorno alla grandezza del conto in banca, quindi danno ragione al detto << I soldi non fanno la felicità”. Certo, anche quello fa media, ma ciò che pesa è la speranza della lunghezza della vita, la libertà (in tutte le sue accezioni), la generosità dei cittadini, il sostegno sociale e l’assenza di corruzione nel governo.
Anche le politiche ambientali hanno importanza, se un paese mette le proprie risorse per essere green fa comprendere alla popolazione che sta preparando un mondo migliore ai bambini di oggi che saranno adulti domani. Crea malcontento il cambio di stile di vita obbligato da tensioni politiche o sociali che portano disuguaglianza, ansia e instabilità. Per ottenere benefici ci si deve impegnare in attività semplici e rilassanti, trovare un hobby che sia interessante e appagante, nutrendo la curiosità insita nell’individuo.
E’ importante sentirsi parte della comunità e appagati nell’ambito lavorativo. Capire cosa si vuole veramente nella vita e quali sono i desideri più profondi e le priorità porta l’uomo a essere consapevole e soddisfatto, quindi in pace con sé stesso. Lo sostiene il filosofo e sociologo Zigmunt Bauman, scomparso da poco << Ora, non ci si ferma soddisfatti e felici, quando un nostro desiderio si realizza. Piuttosto, ci si spinge subito a desiderare qualcos’altro che ci possa soddisfare in maniera migliore. Desideriamo il desiderio più che la realizzazione di esso >>
Donare e collaborare sono i verbi che definiranno il benessere futuro (e speriamo anche il presente), si sta meglio dove si mette in pratica “l’arte dell’accoglienza”, lasciandosi liberi e ricettivi verso le novità, i gesti spontanei che vengono dal cuore e le parole che generano conforto e vicinanza. Insomma, dove c’è l’individualismo non c’è felicità. Ma ciò che colpisce di più è che ci sono altri due fattori da tenere presenti, il rapporto tempo libero/reddito cioè meno guadagno ma più qualità del tempo condiviso con le persone che si amano e la necessità avere assistenza (fisica e morale) di qualcuno su cui contare nel momenti di bisogno.
Se l’Italia non vince per felicità, arriva al primo posto riguardo la salute a livello mondiale. Una ricerca ufficiale su 163 paesi conferma che la dieta mediterranea allunga l’aspettativa di vita che, per farvi capire meglio, in Italia è in media 80 anni mentre in Africa è circa 52 anni. Al contempo viene sottolineato l’eccessivo numero di medici, quindi italiani salutisti ma un pochino ipocondriaci. Dopo di noi si confermano l’Islanda e la Svizzera, quelle non le batte nessuno.